Diritto all’Informa zione Ambientale. Nucleare, Clima ed Energia

L’anno 2016 si è concluso da poco. Ci sono state le elezioni presidenziali negli Stati Uniti dove Donald Trump sta cercando di ridiscutere l’Accordo di Parigi sul clima. In Italia si è votato invece per due referendum: quello sulla Riforma Costituzionale a Dicembre, ad Aprile quello sulle Trivelle .

Su entrambe le materie la larga maggioranza dei votanti ha bocciato le norme di iniziativa governativa, ovvero l’86% dei votanti nel caso delle “Trivelle”, il 60% nel caso della riforma costituzionale. Quello che ha fatto la differenza tra i due referendum è stata l’affluenza alle urne, pari al 31% nel primo caso e al 68% nel secondo.

Come si spiega questo forte divario nella partecipazione?

Una possibile chiave di lettura sta nella carenza dei media italiani rispetto all’informazione ambientale. Noi cittadini non siamo ancora del tutto consapevoli di quanto la questione ci riguardi, per gli effetti negativi sulla salute e sulla crisi economica e sociale. Oppure abbiamo a cuore l’ambiente ma poi non sempre riceviamo informazioni sufficienti per prendere decisioni di cui ci sentiamo convinti.

 

L’energia dal fossile

Per parlare di corretta informazione ambientale, mi serve qui ritornare sul tema Trivelle, sul quale ho scritto un articolo e poi sono stato intervistato dal dailygreen.

Il Premier aveva convocato a Roma tutti i gestori dei lidi italiani e aveva detto loro: “Ragazzi, da oggi le vostre concessioni non scadono più. Potrete piantare i vostri ombrelloni in eterno, almeno fino a che una mareggiata non si mangerà la spiaggia!”.

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, fautori della Riforma Costituzionale bocciata dagli italiani

 

Si tratta di una notizia inventata, ovviamente. Invece è vera la seguente: di fronte alle nostre spiagge, entro i 20 chilometri dalla costa, in Adriatico, nello Ionio e nel Canale di Sicilia, costa di Montalbano, ci sono delle piattaforme di petrolio e gas naturale. Queste piattaforme potranno essere gestite ad oltranza, oltre le scadenze alle quali i gestori si erano impegnati quando ottennero la concessione e fino ad esaurimento del giacimento! Le piattaforme al largo non hanno invece questo privilegio!

Il referendum non ha raggiunto il quorum e dunque le concessioni sono tuttora senza scadenza definita, salvo eventuale intervento dell’Unione Europea, per possibili violazioni delle leggi sulla libera concorrenza.

L’attuale politica energetica del nostro Paese è distorta. Non fa una vera valutazione strategica delle opere prima di realizzarle, per capire se e dove servano. Infatti, il cosiddettoDecreto Sblocca Italia ha previsto che l’estrazione di idrocarburi, in terraferma e in mare,  nonché i progetti di gasdotti e rigassificatori “sono di pubblica utilità”, di “interesse strategico”, “urgenti” e “indifferibili”, a prescindere dai contesti ambientali ed economici in cui le opere si inseriscono, dalle quantità effettive di idrocarburi presenti, dai fabbisogni variabili nel tempo, dalle variazioni future dello scenario geopolitico nei paesi produttori di gas, dal numero di impianti nel frattempo realizzati! Il messaggio è: via libera sempre!

Comunque, grazie all’iniziativa referendaria la normativa italiana è diventata meno sbilanciata in favore delle fonti fossili. Infatti, i contenuti di altri 5 referendum sono stati parzialmente recepiti da Governo e Parlamento, attraverso la ” Legge di Stabilità ” di fine 2015. Tant’è che, dei 6 referendum iniziali, alla fine 5 non sono stati più sottoposti ai cittadini. In questo modo le parole “di interesse strategico, urgenti e indifferibili” sono state eliminate almeno per l’estrazione degli idrocarburi (ma non per i gasdotti). È rimasta invece la dichiarazione a priori di pubblica utilità, collegata ad un iter autorizzativo semplificato anche per l’estrazione di idrocarburi e perciò anche più suscettibile di condizionamenti, come è risultato dalle cronache giudiziarie.

 

L’esigenza dell’informazione ambientale (indipendente)

Purtroppo l’informazione ambientale in Italia non è ancora abbastanza approfondita. E perciò l’opinione pubblica non viene sempre messa a conoscenza di scelte pianificatorie sbagliate che potranno condurre non solo a disastri ambientali ma anche a disastri economici, se non saranno modificate.

La nostra scuola e l’informazione pubblica devono fornirci maggiori strumenti, affinché possiamo farci opinioni personali di politica ambientale, così come possiamo valutare le scelte del governo in materia di politica economica ed equità sociale.

Informazione ambientaleIn occasione del referendum “Trivelle”, una parte dell’informazione e lo stesso governo italiano hanno voluto far comprendere che erano a rischio un settore economico florido e il relativo lavoro, a causa di un mero scontro ideologico tra i fautori delle fonti energetiche rinnovabili “pulite” e quelli delle fonti tradizionali. Al contrario, però, l’iniziativa referendaria godeva di forti ragioni tecniche ed economiche.  Ed offriva un modello di sviluppo e lavoro alternativi. Ma per rendertene conto dovevi aver approfondito sia gli aspetti tecnici, sia le recenti modifiche di legge. In caso contrario, eri costretto a votare avendo delle informazioni incomplete. E molti cittadini – confusi dai dibattiti, o timorosi di essere strumentalizzati, o inconsapevoli degli effetti prodotti dalle diverse scelte – hanno preferito non esprimersi.

Va detto che alcuni tecnici si sono schierati per l’astensione al referendum Trivelle! Le loro tesi sono ampiamente minoritarie nella comunità scientifica ma, per effetto delle regole sui dibattiti, hanno trovato uguale spazio in TV, oltre ad essere ovviamente circolate in rete. Queste posizioni spesso sono formulate in modo da apparire ragionevoli. E perciò si pone il problema di come orientarsi quando si ascoltano pareri discordanti. Un modo efficace è quello di prendere informazioni per capire se i pareri sono espressi da tecnici indipendenti.

Infatti, ogni esperto che si esprima su un tema ambientale dovrebbe far sapere se ha interessi privati nel settore o se li ha chi finanzia le sue ricerche. In caso affermativo, dovrebbe spiegare se vuole intervenire nella veste di scienziato, in quella di manager o in quella di imprenditore! Anche l’Università a volte può avere difficoltà a ricoprire il suo ruolo di garante della conoscenza, quando le ricerche vengano finanziate in ampia parte da privati!

Ognuno di noi desidera buone leggi che tutelino il bene comune. E, anche se non si occupa di ambiente per mestiere, ha diritto di poter capire se può fidarsi di pareri scientifici “tranquillizzanti”. O se invece questi sono stati costruiti ad arte come spesso accade.

Il tentativo fallito di ritorno al nucleare

Per esempio nel 2009 il Governo era seriamente intenzionato a tornare a produrre energia elettrica nucleare in Italia e il nostro Parlamento legiferò in tal senso.

Avremmo dovuto acquistare il know how francese delle centrali di terza generazione, mentre negli altri paesi si guardava già a quelle di quarta generazione.

L’Accordo Sarkozy-Berlusconi del 24 febbraio di quell’anno appare oggi sinistro, alla luce della crisi del nucleare francese del 2016. Il 22 novembre scorso l’Autorità di Sicurezza Nucleare francese ha disposto la chiusura di 20 dei 58 reattori nucleari presenti nel paese a causa dei “riscontri di insufficiente affidabilità”. “Il problema immediato è la tenuta dell’acciaio degli involucri che potrebbe non trattenere il vapore radioattivo in caso di incidente” . Si parla anche di “documenti falsificati” fin dagli anni ’60. Oltre ai problemi di sicurezza, pare poi che il nucleare non convenga neanche più. Costa troppo la produzione nel rispetto degli standard e a certificarlo è la Corte dei Conti francese. Tant’è che i nostri vicini hanno ridotto la produzione e di conseguenza la vendita di energia all’Italia. [1]

Le centrali nucleari europee poco sicure che dovrebbero chiudere, secondo Le Figaro che cita un rapporto riservato dell’ENSREG, l’organismo europeo per la sicurezza nucleare (2012)

 

Ma nel 2009 si espressero a favore del programma nucleare (ex-)ambientalisti e scienziati, diventati nel frattempo manager di grandi aziende di stato, di agenzie e di istituti di ricerca NON indipendenti. Molti di loro sono gli stessi che ritrovammo poi a “difendere le Trivelle”.

Costoro parteciparono ad una massiccia campagna di promozione del nucleare e ce ne assicurarono la sicurezza. Certo 25 anni prima c’era stato il disastro nucleare di Chernobyl – causato dalla negligenza di una ex-superpotenza in declino – ma a loro avviso la fusione del nocciolo di una centrale non era un evento ripetibile, perché l’industria moderna utilizza i tecnici più competenti a disposizione. Ammesso che avessero avuto ragione su questo punto, nessuna concreta assicurazione potevano dare invece sulla gestione delle scorie: il problema del loro isolamento è ancora irrisolto in tutto il mondo!

Sappiamo come è andata  poi a finire: nel marzo 2011 avviene il gravissimo incidente nucleare di Fukushima, nel Giappone superefficiente. Giappone e Germania avviano la chiusura di tutte le centrali, l’Italia non le riapre più. Una fonte di energia utilizzata per qualche decennio lascia al nostro pianeta scorie altamente radioattive da gestire per millenni!


Chicco TestaChicco Testa è l’ex militante ambientalista (negli anni ’80 direttore di Legambiente e deputato del PCI), entrato poi nei Consigli di Amministrazione di multinazionali come ACEA, ENEL, WIND, SORGENIA e della banca d’affari Rothschild Italia.
Nel 2010 fu Presidente del Forum Nucleare Italiano, associazione fondata dall’ENEL e dalla stessa società elettrica francese EDF, per promuovere il ritorno al nucleare.
Tramontato questo progetto, ritrovammo Testa a combattere il “Referendum Trivelle”, apparendo al fianco del “Comitato Ottimisti e Razionali”, l’associazione di tecnici che nei dibattiti pubblici propagandò il messaggio per il quale “irrazionale e pessimista” era chi poneva la questione ambientale. Nel 2016 Testa fu proposto anche come Ministro dello Sviluppo Economico, per sostituire Federica Guidi, dimessasi per gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria sulle trivellazioni in Basilicata.

Qui il video dello spot prodotto dal Forum Nucleare, ripetuto ossessivamente in TV nel 2010.


 

L’informazione sul clima

Katrina. Informazione AmbientaleIl mese di febbraio appena concluso è stato per la Terra il più caldo dal 1880. In un articolo sempre di febbraio ho parlato dell’Accordo sul clima di Parigi con il quale a fine 2015 quasi tutti i paesi del Globo si sono impegnati a contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Per farlo occorrerà ridurre l’uso di petrolio, gas e carbone dalla cui combustione si produce CO2, il più diffuso gas-serra.

Si tratta di un obiettivo timido che non sarà sufficiente da solo ad impedire l’incremento degli eventi meteorologici estremi a cui già oggi cominciamo ad assistere, come: siccità, alluvioni, ondate di caldo e di freddo intensi.

Eppure Donald Trump ventila una ridiscussione dell’Accordo, siglato faticosamente dopo un decennio di negoziati. Nel decennio scorso, l’opinione pubblica è stata condizionata più volte, sia negli Stati Uniti sia in Italia, affinché il riscaldamento globale apparisse un tema controverso e privo di certezza scientifica. È stato un modo per giustificare l’inerzia del governo Bush negli USA e del nostro governo Berlusconi nell’intraprendere il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili.
Nella foto sopra c’è la città di New Orleans devastata dall’uragano Katrina che nel 2005 provocò 1800 morti e distrusse alcune piattaforme petrolifere nel Golfo del Messico, creando un gigantesco sversamento di petrolio. È considerato il più grave disastro naturale nella storia degli Stati Uniti in termini economici.

       Guido Caridei

 


[1] Cfr. articoli Italia-Francia, accordo sul nucleare Berlusconi: «Presto avremo le centrali», Corriere della Sera, 24 feb 2009

“Nuovo Nucleare: Francia in crisi, costa troppo”. di Gian Marco Lucchi su “Miglioverde”

“Nucleare, 5 domande a Chicco Testa” di Marco Boschini su “Il Fatto Quotidiano”, 14 marzo 2011

“Francia, l’allarme Corte dei Conti “Costi del nucleare destinati a raddoppiare” , di Andrea Barolini su “Il Fatto Quotidiano”, 31 gen 2012

Nucleare: ecco le centrali europee poco sicure che dovrebbero chiudere , di Roberta Ragni su “greenme” , 3 ott 2012

Chicco Testa, il boiardo di Stato da Legambiente al Forum del nucleare. Ora punta allo Sviluppo economico  di Fiorina Capozzi su “Il Fatto Quotidiano”, 3 maggio 2016

Nucleare: lo stop di 21 reattori francesi di Elena Comelli su “Il Corriere della Sera” , 31 ott 2016

Francia, stop a 18 reattori nucleari. L’Autorità per la sicurezza: “Acciaio inadeguato e documenti falsificati” L.Grassia su “La Stampa”, 23 nov 2016

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