Sacchi per la frutta: la plastica follia, la carta un’alternativa

Dal primo gennaio ci siamo finalmente liberati dei sacchetti di plastica al banco frutta e in altri punti vendita. Di sicuro l’addio alla plastica andava spiegato meglio, evitando polveroni e valutando più alternative. Vediamo perché.

Se una domestica ci proponesse di lavorare a metà prezzo

e in cambio volesse mettere la polvere sotto al tappeto lasciando a noi lo sporco difficile, chi terrebbe questa domestica con sé?!

Quando scegliamo un prodotto in plastica facciamo un po’ come quella domestica. Infatti la plastica rimane PER SEMPRE nel nostro ambiente, un po’ come la polvere accumulata sotto al tappeto. Per degradare la plastica servono 1000 anni, dopo i quali nel mare e nei terreni rimangono le microplastiche che entrano nella catena alimentare e nel nostro organismo. Separare la plastica dagli altri rifiuti evita la messa in circolo di ulteriore plastica vergine. Tuttavia, la plastica non è riciclabile all’infinito come il vetro e l’alluminio. E, dopo il primo o il secondo riciclo, in genere finisce per andare comunque nel terreno (discarica) oppure per essere bruciata.

futurosenzaplastica sacchi per la frutta

Henderson, isola disabitata nel Pacifico, un tempo paradiso Unesco, “ospita” 17 ton. di rifiuti di plastica

La plastica è petrolio solido.

Se viene bruciata con recupero energetico, si eviterà di estrarre e bruciare altro petrolio per produrre energia in una centrale elettrica. È come se, prima di bruciare il petrolio estratto dal sottosuolo, lo usassimo una volta sotto forma di plastica. Questo non vuol dire purtroppo che il processo sia virtuoso! L’energia ricavabile è sempre piccola rispetto a quella contenuta nella materia prima. In più, ogni volta che bruciamo rifiuti, ci ritroviamo le ceneri e i fumi che sono più pericolosi del rifiuto originario. Le ceneri rimaste all’interno del forno, come le sostanze trattenute dai filtri dei camini, andranno comunque messe in una discarica; mentre  i gas e il particolato sfuggiti all’abbattimento verranno distribuiti democraticamente in un territorio del raggio di alcune decine di chilometri.

sacchi per la frutta , plastica e ceneri da rifiuti

Le scorie degli inceneritori sono smaltite in discarica. Solo una parte di esse viene ‘inertizzata’ e poi riciclata insieme ad altri materiali per formare sottofondi stradali, piastrelle, calcestruzzi, malte. Al termine del ciclo di vita di questi manufatti, si porrà di nuovo il problema dello smaltimento. (Foto dal sito istituzionale di ARPA PIEMONTE)

Insomma, se proprio dobbiamo usare la plastica, almeno ricicliamola e, quando la bruciamo, almeno recuperiamo energia. Ma siamo consapevoli che questo è un male minore, e la plastica resta un materiale dannoso per l’ambiente e per la salute. L’uso di combustibili fossili e derivati del petrolio aumenta l’insorgenza del temibile cancro, ma anche di malattie cardiache ed ictus. Il costo economico e psicologico di queste malattie  è imparagonabile. Chi non è colpito dalla malattia partecipa al costo, finanziando con le tasse i servizi sanitari. Interi insediamenti umani e industriali vengono devastati dalle alluvioni generate dai cambiamenti climatici.

La plastica ci ha semplificato la vita. Si adatta a tantissime funzioni, è leggera e si presta a produrre imballaggi di tante forme. Questo però non è gratis!

Facciamo ora un esperimento.

Andate ad acquistare dei dolci. Sono perfettamente imballati con un vassoio in cartone, carta per alimenti e nastro in plastica recuperabile. Così li potete tranquillamente trasportare a piedi o, in auto, poggiati sul sedile. L’igiene è assicurata. Provate ora a rifiutare la busta di plastica. È molto probabile che l’esercente insisterà per darvela comunque. Vi dirà che teme di essere criticato da chi vi vedesse uscire senza busta; alla pubblicità stampata sulla busta, poi, perché rinunciare. Se invece la busta è anonima, a voi farà tutto sommato piacere prenderla, per  mantenere la privacy su ciò che portate.

Queste nostre reazioni comuni ci danno la misura di quanto siamo assuefatti e “viziati” dalla plastica. Agiamo come se non conoscessimo il suo effetto sulla nostra salute. Ogni volta che possiamo fare a meno della plastica dovremmo piuttosto sentirci un tantino sollevati.

Oggi il taglio medio di un pacco di biscotti e di circa 400 gr. Trent’anni fa era un chilo. Apprezziamo la comodità del trasporto e la possibilità di cambiare tipo di biscotti se ce ne stanchiamo. Questo “sfizio” ci costa un euro in più per ogni chilo di biscotti (altro che centesimi!). Paghiamo di più anche l’imballaggio, solo che – a differenza dei sacchetti – il costo è occulto. Infatti due pacchi di biscotti da 400gr hanno complessivamente il 26% imballaggio in più rispetto ad un singolo pacco da 800gr. Il motivo è geometrico. Non parliamo poi del caso in cui il pacco abbia le microporzioni. Certi piccoli pacchi di biscotti hanno lo stesso prezzo al chilo del prosciutto di alta qualità, ma non ce ne scandalizziamo più di tanto.

Il futuro sarà con MENO plastica.

Anzi, a lungo andare sarà PRIVO di plastica, perché il petrolio si esaurirà mentre la carta per esempio è rinnovabile e può essere prodotta all’infinito, se si mantiene l’equilibrio tra alberi utilizzati e reimpianti.  Il petrolio richiede ere geologiche per riformarsi, troppo rispetto alla durata della nostra vita.

Il nostro sviluppo è destinato a spegnersi con la fine del petrolio. Perciò è indispensabile sia trovare materiali alternativi alla plastica, sia scegliere nuovi modi per generare energia e far marciare i veicoli. Qualcuno dice: “Ci sono troppi interessi intorno al petrolio. Dunque, occorre aspettare che si esaurisca, perché l’uomo si convinca ad usare un’altra materia prima!

Ingenuo chi pensa che abbiamo tutto questo tempo! Tra cambiamento climatico e inquinamento, il nostro pianeta potrebbe diventare inospitale PRIMA che si esaurisca il petrolio! E sono incalcolabili i danni economici di tutto ciò!

A volte siamo fatalisti sugli interessi legati al petrolio, mentre ci disturba l’esistenza di una lobby dei sacchetti compostabili ancora da accertare. Il contributo che diamo per uno di questi sacchetti è più basso del costo di produzione. Comprare a parte un sacco per la raccolta dell’umido ci costerebbe di più. Finché al banco frutta c’erano i sacchi gratuiti di plastica, non era raro che venissero sprecati oppure usati per portare la spesa a casa, eludendo il divieto di usare la plastica allo scopo. Per questo, secondo la direttiva europea n.720/2015, gli stati UE devono vietare l’uso dei sacchetti di plastica leggeri o disincentivarne l’uso attraverso la tassazione.

Inoltre, secondo le norme italiane ed europee è prioritario ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti.[1] È previsto il sostegno alla ricerca e all’impiego di nuovi materiali, all’adozione di nuove tecniche di produzione e distribuzione di beni, confrontando l’impatto ambientale dei materiali dalla culla alla tomba, cioè dall’estrazione, all’utilizzo e allo smaltimento. Accordi di programma vanno stipulati allo scopo tra pubbliche amministrazioni, imprese ed enti pubblici e privati. Queste politiche sono attuate ancora poco, sebbene le norme le considerino più urgenti perfino del riciclo. L’eliminazione della plastica nei sacchi è solo uno dei primi provvedimenti ed andrebbe estesa quanto prima almeno a tutti i prodotti usa e getta.

Quando usavamo una busta di plastica per comprare due limoni, davamo ragione di esistere ad una trivella di estrazione, ad una raffineria, ad un deposito di combustibile, ad una fabbrica di materie plastiche e all’inquinamento prodotto da tutte queste fasi. Senza contare il problema dello smaltimento. Davvero per nutrirci adeguatamente dovevamo alimentare tutto questo? Eravamo immersi in una follia collettiva della nostra civiltà!!

Quali dunque le alternative?

Il disvalore è dato dalla plastica. Ogni altro materiale idoneo dovrebbe essere permesso. Nei supermercati sono già presenti i sacchi di carta per il pane di diverse dimensioni. Al pari dei sacchi di bioplastica, sono compostabili, monouso e idonei al contatto con gli alimenti, ad eccezione forse della frutta tagliata. Possono essere gettati sia con la carta, sia con l’umido. Non sono trasparenti, ma in molti punti vendita è il personale a confezionare il prodotto. Non sono ermetici ma neanche la bioplastica lo è.

Al banco salumeria i sacchi di carta venivano già utilizzati per riporvi contemporaneamente varie confezioni di formaggi o affettati, apponendovi  più etichette di prezzo. Chissà se le norme li prenderanno in considerazione anche per la frutta.

Di certo l’anno che verrà è con meno plastica!

Guido Caridei, ingegnere per l’ambiente e il territorio

sacchetti per la frutta compostabili


[1] Testo Unico Ambientale – articoli sul tema
Art. 179  Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti
Art. 180  Prevenzione della produzione di rifiuti
Art. 226-bis Divieto di commercializzazione delle borse di plastica
Art. 226-ter Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero

 

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