La favola dell’inceneritore buono

inceneritore ; partenope xxi secolo ;
L’inceneritore di Acerra

Ultimamente una forza di governo ha proposto la realizzazione di nuovi inceneritori per la Regione Campania, riproponendo tesi abbandonate 10 anni fa perché non fondate.

Infatti, la raccolta differenziata in Campania supera il 50% , è una delle più alte d’Italia e si avvicina all’obiettivo di legge del 65%. L’inceneritore di Acerra già assorbe all’incirca il rimanente 35% di rifiuti non differenziati.

Dunque in Campania servono impianti aggiuntivi per i rifiuti, ma sono gli impianti a servizio della raccolta differenziata – soprattutto impianti di compostaggio degli scarti alimentari – che consentano di centrare l’obiettivo del 65%. Gli impianti di riciclo e compostaggio, oltre ad essere più compatibili con l’ambiente, costano di meno, richiedono meno manutenzione, reimmettono materie prime nel circuito economico, si realizzano in meno tempo e creano meno conflitto sociale.

Al contrario puntare su nuovi inceneritori potrebbe PROVOCARE UN’EMERGENZA perché rimanda gli interventi alla realizzazione di un impianto complesso che richiede anni per la realizzazione!

Perciò non si comprendono le dichiarazioni dei leghisti al governo in favore della realizzazione di un inceneritore per ogni provincia campana!

Nel decennio scorso, mentre nel nord Italia si sviluppava la raccolta differenziata impiegando i contributi pagati dai cittadini su tutto il territorio nazionale, alcune grande aziende settentrionali si accaparravano la gestione dei rifiuti indifferenziati del sud, anche utilizzando incentivi di Stato sottratti allo sviluppo delle energie rinnovabili.

Oggi, se proprio lo Stato Italiano intende intervenire in favore della Regione Campania, finanzi gli impianti di riciclo/compostaggio e ne semplifichi le autorizzazioni!

Gli inceneritori NON sono impianti virtuosi: ci si accontenta che inquinino di meno di un rogo incontrollato a cielo aperto, ma producono inquinanti più insidiosi di quelli presenti nei rifiuti in ingresso. Non eliminano del tutto la necessità di discariche di cui il nostro territorio è già saturo.

Un inceneritore NON valorizza: recupera il calore della combustione nelle quantità tecnicamente possibili (la legge lo impone) ma il ricavato non ripaga l’impianto, che si sostiene con la tassa rifiuti. La normativa europea preferisce comunque il riciclo e la riduzione dei rifiuti a monte. Possiamo chiamarlo termoutilizzatore ma non termovalorizzatore.

Per questo occorrerà superare gli inceneritori. È possibile? Sì, raggiungendo e superando l’attuale obiettivo di differenziata al 65%. È necessario che la politica agisca sulla immissione nel mercato di beni in larga parte riparabili/ riciclabili/ compostabili e contemporaneamente incentivi la domanda interna di prodotti riciclati.

Ci serve una radicale trasformazione del modo di produrre per proteggere il nostro (unico) pianeta, il nostro clima e la nostra salute. Un altro futuro possibile non c’è.


 


La differenziata in Campania sopra la media nazionale

In Campania nel 2016 la raccolta differenziata si è attestata al 52%. È un dato superiore alla media nazionale, il migliore del sud. Superando le regioni Liguria, Toscana e Lazio, la Campania risulta di fatto la “capitale” della differenziata sull’arco ligure-tirrenico italiano. Nel 2015 superava anche i livelli dell’Umbria e della Val d’Aosta, nonostante queste regioni siano fatte di centri piccoli e medi, dove l’organizzazione della raccolta differenziata è molto più semplice rispetto alle aree metropolitane. I dati sono certificati e pubblicati dall’ISPRA.[1]

raccolta differenziata italia 2016
La raccolta differenziata in Italia (Fonte ISPRA)

L’inceneritore di Acerra è sufficiente

Il sistema costituito dagli impianti STIR (selezione e tritovagliatura) e dall’inceneritore di Acerra, garantisce alla regione Campania l’autonomia della gestione dei rifiuti non differenziati. La normativa italiana prevede infatti il 65% di raccolta differenziata e gli impianti suddetti assorbono circa il 35% dei rifiuti della regione. L’impianto di Acerra infatti è un impianto di taglia grande nel panorama nazionale. Vent’anni fa furono infatti progettati per la Campania diversi inceneritori di taglia grande, pensando ad una raccolta differenziata che non superasse il 35%! Oggi i flussi di rifiuti misti indifferenziati si sono invece fortemente ridotti.

Poiché la Campania ha il 52% di raccolta differenziata, necessita piuttosto dell’impiantistica di servizio per la raccolta differenziata, cioè di impianti meno costosi, tecnicamente meno complessi, quindi più veloci da realizzare (per scongiurare future emergenze) e che generano meno conflitti.

Incrementare la RD permetterebbe anche di non sovraccaricare l’impianto di Acerra e  consentirebbe l’esecuzione delle periodiche manutenzioni senza particolari timori.[2]


L’inceneritore è una soluzione temporanea da superare

L’umanità ha sempre sotterrato o bruciato i rifiuti che fino alla rivoluzione industriale erano costituiti principalmente da rifiuti alimentari, carta e legno. Sotterrare gli scarti di cibo, in passato, era un’operazione piuttosto sicura e somigliante per certi versi più al compostaggio che alle attuali discariche. Per i rottami di vetro, metalli e inerti già nell’antichità esistevano le prassi del riciclo e del riutilizzo.

La moderna produzione genera rifiuti industriali pericolosi e rifiuti plastici non biodegradabili che, sotterrati o bruciati,  rilasciano sostanze tossiche (neurotossine, cancerogeni, interferenti endocrini, ecc.).

Il territorio campano è già saturo di discariche illegali e anche le decine di discariche legali realizzate nel decennio scorso, sotto il controllo dei governi italiani, hanno prodotto inquinamento e sono state oggetto di interesse da parte della magistratura (come riferito dalle commissioni parlamentari di inchiesta)[3]. Ma la difficoltà non è una prerogativa campana. Si è calcolato che occorrerebbero 4 pianeti come miniere e come discariche, se tutta l’umanità seguisse gli standard occidentali di consumo. Perciò l’umanità avrà sempre maggiori difficoltà ad allontanare i rifiuti!

Nel secolo scorso un aiuto è sembrato provenire dagli inceneritori che apparentemente “distruggono” i rifiuti. In realtà però gli inceneritori non eliminano le discariche. Infatti, i residui della camera di combustione (scorie) hanno un volume tra il 10% e il 30% di ciò che vi entra e il più delle volte sono destinati alla discarica. Dunque gli inceneritori rallentano solo l’invasione di discariche nel territorio e NON POSSONO ESSERE UNA MISURA STRUTTURALE! Per giunta peggiorano la qualità dei rifiuti, perché le scorie e i fumi di combustione nuociono alla salute più dei rifiuti in ingresso.

Perciò la normativa europea pone la discarica come ultima scelta per trattare i rifiuti e l’incenerimento come penultima. Certo, a differenza del passato, le discariche devono essere controllate e gli inceneritori devono recuperare energia.

È come se la norma chiedesse: “se proprio i rifiuti non si possono riciclare, allora puoi bruciarli; se proprio devi bruciarli, fallo almeno recuperando l’energia; se neanche questo ti è possibile, allora non ti resta che sotterrare i rifiuti, ma sul fondo metti dei teli impermeabili sperando che non si lacerino per imperizia o per un terremoto. Ma anzitutto riduci , ripara e ricicla quanto più possibile”. Insomma ricavare energia è un male minore e NON rappresenta di per sé un percorso virtuoso.[4]

Per questo sin da oggi occorre pianificare il superamento degli inceneritori. Come farlo? Occorre raggiungere e superare l’attuale obiettivo di differenziata al 65% . Allo scopo la politica deve imporre la ricerca e la progettazione ecologica dei beni riparabili/riciclabili/compostabili, deve incentivare la domanda interna di prodotti riciclati/riparati e le professioni collegate. Le leggi già ci sono e il Parlamento europeo ha allo studio ulteriori norme in tal senso.

incenerimento rifiuti
La gerarchia comunitaria per i rifiuti: 1) Prevenzione (progettazione ecologica dei beni per ridurre quantità e pericolosità dei rifiuti); 2) Preparazione per il riutilizzo (riparazione ed altro); 3) Riciclo e Compostaggio; 4) Incenerimento con recupero di energia; 5) Discarica


L’inceneritore non produce valore

In una fabbrica di tubi metallici si genera valore trasformando l’acciaio grezzo in un prodotto vendibile sul mercato. La differenza di valore tra il tubo di acciaio e l’acciaio grezzo permette di pagare il personale, copre i costi e remunera l’imprenditore.

Così è anche per la raccolta differenziata . Il bene riciclato ha un valore. A volte il processo di riciclo è costoso, ma lo è sempre meno dello smaltimento in discarica che per di più danneggia l’ambiente.

Nel caso del termoutilizzatore, il valore dell’energia venduta è notevolmente inferiore al costo di funzionamento dell’impianto che è finanziato dai cittadini. Lo fanno attraverso attraverso la TARI che per legge deve coprire tutti i costi del servizio. Così il Comune incassa la TAssa RIfiuti e con essa versa al gestore dell’inceneritore una tariffa per ogni chilo di rifiuti portato all’inceneritore. E se l’impianto fosse gestito dai Comuni, almeno i soldi rientrerebbero nelle casse pubbliche, per ridurre la TARI oppure per offrire uno spazzamento di qualità oppure per investire sulla differenziata.

L’inceneritore non produce valore anche perché recupera sotto forma di calore solo una piccola frazione dell’energia chimica contenuta nella materia.

I rifiuti domestici campani NON vanno al nord o all’estero

Alcuni politici lasciano capire che nuovi inceneritori per i rifiuti permetteranno l’autonomia alla regione Campania. La realtà è però che i rifiuti raccolti in strada vengono già trattati in impianti regionali.

Ad andare fuori regione sono invece alcuni scarti degli impianti STIR e le scorie dell’inceneritore di Acerra, cioè in entrambi i casi rifiuti destinati alla discarica. Questi rifiuti non sarebbero bruciabili anche se ci fossero nuovi inceneritori in Campania.

Peraltro, essendo rifiuti già trattati, non vige per essi l’obbligo di autonomia regionale, e anche molte regioni settentrionali usano “esportare” questi tipi di rifiuti.

Il fatto che questi scarti non siano assorbiti per intero dalle discariche campane è ulteriore prova della saturazione del nostro territorio in fatto di discariche e quindi della necessità di superare gli inceneritori in quanto impianti che della discarica non possono fare a meno. Serve al contrario ammodernare gli impianti STIR, ampliare la raccolta differenziata e gli impianti ad essa dedicati.

Infine all’estero vengono collocate “ecoballe”, cioè rifiuti prodotti in passato e per i quali i cittadini campani hanno già pagato una volta il corretto smaltimento. Di questo riparleremo.


L’inceneritore inquina come tre auto?

Gli inceneritori recenti hanno moderni sistemi di abbattimento delle polveri e dei gas – non si vede fumo nero al camino – ma le elevate temperature usate per abbattere le diossine generano nanoparticelle (metalli pesanti e altri inquinanti delle dimensioni di milionesimo di millimetro) invisibili agli occhi e agli strumenti. I nostri polmoni non sono in grado di “filtrare” queste sostanze responsabili di un incremento di malattie tumorali e neurologiche.[5] Inoltre quando i fumi si raffreddano, dopo l’uscita dal camino, si riformano le diossine che insieme agli altri gas si distribuiscono su un territorio di decine di chilometri di raggio.

Infine, i beni che usiamo in casa sono pieni di plastiche, collanti, vernici e svariate sostanze chimiche che bruciando si trasformano in sostanze perfino più pericolose di quelle originarie. E siccome il rifiuto in ingresso è vario, è anche difficile conoscere tutte le sostanze prodotte, misurarle all’interno di un inceneritore e predisporre sistemi specifici di abbattimento.

I residui solidi, rimasti nella camera di combustione e trattenuti dai filtri, il più delle volte vanno in discarica e come detto contengono sostanze più pericolose del rifiuto originario.

Nel prossimo articolo vedremo come le regioni centro-meridionali negli ultimi venti anni abbiano finanziato la raccolta differenziata in Italia settentrionale, mentre alcune grande aziende del nord monopolizzavano la gestione dei rifiuti indifferenziati del sud e i relativi incentivi statali.

Guido Caridei, ingegnere per l’ambiente e il territorio


[1] L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), è un ente di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare . Insieme alle 21 Agenzie Regionali (ARPA) e Provinciali (APPA) per la protezione dell’ambiente, a partire dal 14 gennaio 2017 fa parte del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), istituito con la Legge 28 giugno 2016, n.132.

[2] Cfr. per le cifre dei rifiuti campani l’intervista all’assessore regionale all’Ambiente Fulvio Bonavitacola , di Flavio Cioffi su Gente e Territorio del 6 dicembre 2018

[3] Cfr. Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Campania , del 5 febbraio 2013

Cfr. Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse , Relazione Finale del 27 febbraio 2008

[4] Cfr. “Gerarchia Comunitaria per i Rifiuti”, di Guido Caridei sulla testata giornalistica “Diritto all’Ambiente”  , 22/02/2009

[5] Cfr. “GLI EFFETTI SULLA SALUTE DEGLI INCENERITORI DEI RIFIUTI” pubblicato su ISDE Italia News, a cura dell’Associazione Medici per l’Ambiente Numero 98 , 12/5/2006

Cfr “INCENERIMENTO DEI RIFIUTI ED EFFETTI SULLA SALUTE” – 4° Rapporto della Società Britannica di Medicina Ecologica – II Edizione – Giugno 2008

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